"Sfinci" di san Giuseppe


Dunque dunque! Questa mancava, ed era una grossa lacuna, perché le sfince sono un classico imperdibile per chiunque vada a Palermo da turista o da ex abitante in vacanza. Un dolce, in fondo, abbastanza delicato, nonostante la frittura, perché fatto di una pâte à choux molto tenera che si gonfia in cottura assumendo le forme più strambe, risulta leggermente croccante fuori e morbidissima all'interno, e viene guarnita con crema a base di ricotta, canditi e cioccolato. Questi pasticcini si trovano nella mia città tutto l'anno, ma il momento tradizionale per gustarli è la festa di san Giuseppe: quest'anno cadeva di sabato, per cui ho avvertito un moto di patriottismo e pensato di palermitaneggiare anch'io.
La sfincia è un dolce non difficile, ma che può essere dispettoso e farvi arrabbiare se non rispettate alcuni criteri di fondo, che in fondo possono ridursi a due: la pazienza, da adottare sia nella preparazione dell'impasto che nella gestione della frittura, e la temperatura del materiale utilizzato per friggere, che deve essere relativamente bassa.
Con queste dosi ottengo una quindicina di sfince molto grandi, o anche di più, riducendo le dimensioni (le pasticcerie vendono anche le sfincette in formato mignon):
  • 250 g. di farina;
  • 250 g. di acqua;
  • 40 g. di strutto;
  • un pizzico di sale;
  • qualche pezzetto di buccia d'arancia bio, intera;
  • 6 uova (5 se molto grandi).
Parliamo un momento della farina: dovrebbe essere 00, ma mi è capitato - dato che di norma quando metto mano a dolci si scatenano tutti i diavoli, e più mi sta a cuore il dettaglio tecnico più ci scappa qualcosa che provoca un piccolo intoppo - di usare la 0 distratta dal colore della confezione. Mai mandare un marito scienziato a comprare la farina, spiegandogli dov'è la marca che serve: se non la vede esattamente nei primi dieci secondi, ne prende un'altra, sostenendo che quella che cercavate non ci fosse fino al momento in cui vi presentate con la foto scattata al supermercato.
Così mi ritrovo con un sacchetto di farina 0 non verde, come al solito, ma rosso, come quello della 00,  i suddetti diavoli ne approfittano: e, chiaramente, me ne accorgo quando è troppo tardi. Ma prima di prendere Herr Doktor-Doktor a male parole per l'indiretta responsabilità sullo scambio delle farine, ho voluto procedere scientificamente anche io: preparare cioè una dose da 1 uovo di pasta con la farina giusta, e fare il confronto. Devo quindi a questa avventura a lieto fine se posso dirvi che, se vi trovate in casa solo farina 0, non succede niente di grave.

Il procedimento è lo stesso che adotteremmo per i bigné. Partiamo dal far bollire l'acqua con le bucce d'arancia, il sale lo strutto. Può essere opportuno riscaldare prima l'acqua con le sole bucce, togliere il tegame dal fornello appena raggiunta l'ebollizione e lasciare le bucce in infusione per un po'; naturalmente, al momento di iniziare la preparazione, dovremo riportare l'acqua alla temperatura giusta!
Non appena l'acqua bollirà e lo strutto sarà completamente sciolto, aggiungiamo la farina "d'un colpo solo" e rimestiamo energicamente col cucchiaio di legno fino a che la massa si staccherà dalle pareti del tegame. Sarà molto compatta, va bene così. Lasciamo che si intiepidisca un po' e poi iniziamo il lavoro vero e proprio, aggiungendo le uova ad una ad una... e con pazienza.
Pazienza perché, tanto per cominciare, vietato aggiungere l'uovo successivo se il precedente non è completamente amalgamato; e poi, perché al primo uovo la massa risulterà ancora grumosa e ci vorrà un po' di fiducia. L'ideale è lasciare fare tutto all'impastatrice, con la frusta K, oppure utilizzare uno sbattitore elettrico a mano con le fruste a spirale. Vedrete che all'ultimo uovo l'impasto si presenterà cremoso e omogeneo; continuate a lavorarlo per una decina di minuti o anche più, e poi lasciatelo riposare intanto che predisponete il necessario per la frittura. 
Piccolo particolare palermitano: le sfince, secondo dottrina, non si friggono nell'olio, ma nello strutto. Niente paura: lo strutto le rende asciutte, in un modo che con l'olio vi sognate, e poi non spruzza, non fa fumo, insomma l'ideale. Al suo posto si può utilizzare l'olio di cocco solido,  speciale per friggere, che si trova in commercio nei supermercati bio, e presenta molti dei vantaggi dello strutto, ma, ripeto, l'ideale è quello se si vuole ottenere esattamente il sapore originale; forse un po' meno marcato, rispetto alla sfincia del bar, ma su quel punto lì ho un sospetto... bisognerebbe provare a friggerne quantità industriali riutilizzando lo strutto una decina di volte, insomma procedimenti davanti a cui il produttore, diciamo, mercenario si fa meno problemi che il privato cittadino.
I dolci si preparano prelevando porzioni d'impasto con due cucchiai e tuffandoli nell'olio o nel grasso.  Mentre la sfincia cuoce, ha bisogno di legnate: la cosiddetta mazziata, che consiste nel picchiarla con una forchetta perché si apra e la pasta all'interno venga fuori. Assolutamente necessario, però, che la temperatura dell'olio non sia eccessivamente alta: dev'essere intorno ai 170º, perché altrimenti la pasta si cuocerà subito all'esterno senza avere il tempo di gonfiarsi e sarà catalogabile sotto il nome di frittella, frittatina, quello che volete, ma sicuramente non di sfincia. Se farete attenzione alla temperatura, e prenderete l'impasto a botte come dovuto, vedrete che l'impasto si aprirà e si gonfierà in modo... imprevedibile: mi stavo chiedendo se qualcuno abbia mai pensato di leggere il futuro nelle forme delle sfince, come in quelle delle nuvole o nei fondi di caffé... Giusto per dare un'idea:


La sfincia deve presentarsi al suo interno più o meno così:


Una volta pronti, i dolci si guarniscono con la crema preparata con

  • 500 g. di ricotta di pecora;
  • 200 g. di zucchero;
  • una bustina di vanillina;
  • la punta di un cucchiaino di cannella;
  • gocce di cioccolata;
  • canditi d'arancia;
  • zucca candita ("zuccata"),
a partire dalla ricotta passata al setaccio (ve l'avevo detto che ci vuol pazienza, ma è proprio necessario) con lo zucchero, la vanillina e la cannella. La cioccolata e i canditi dosateli da soli a seconda dei gusti... Per "condire" le sfince esistono due scuole di pensiero, una che le vuole "spalmate" di crema e l'altra riempite e poi spalmate - io preferisco mettere la crema sopra perché mi piace il contrasto, ma... liberissimi. Guarnite con pistacchi tritati e servite subito: però, per praticità, vi dico che potete tranquillamente conservarle ben chiuse fino all'indomani e addirittura al giorno dopo, a condizione di non mettere la crema, altrimenti si rammolliscono. E se la crema è finita? Spolverate di zucchero a velo o con un po' di miele d'acacia saranno anche meno scenografiche ma un'ottima merenda!

Commenti

  1. Ciao Antonella! Piacere di conoscerti!! Scopro ora per caso il tuo blog e sono stata conquistata da queste sfincie... ^_^ !!!
    Le proverò a fare sicuramente!! E complimenti per il tuo blog, molto interessante e ricco di spunti!!
    Se vuoi passare da me, mi farà piacere!!
    A presto!
    Franci
    www.pentoleeallegria.blogspot.com

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  2. Sai che non le conoscevo proprio.. certo che devono essere di un buono! Grazie per la ricetta! Un abbraccio e buonissima serata

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