Il budino di riso alla toscana


Accennavo nel post precedente al fatto che ho sposato uno che proprio, quando deve mangiare qualcosa d'italiano che non sia la pizza, mette la faccia che l'immaginario collettivo attribuisce a san Sebastiano martire o a san Lorenzo sulla graticola. Quando lo racconto a qualcuno che non lo conosce, di solito il commento è "ah sì, da buon tedesco..." con la variante "americano". Il problema è che lui non è tedesco o americano più di quanto io sia cinese, è italianissimo. Ma, per usare una nota formula buonista che puzza di gergo scolastico o per meglio dire pseudo-pedagogico, è diversamente italiano.
Questa sua diversità dà il meglio di sé se riferita alla pasta, e a tutto ciò che le somiglia anche nel modo più vago. Il riso si salva, ma dev'essere usato nelle ricette asiatiche: e non sono asiatiche abbastanza le torte di riso di tutti i generi, da quella belga di Verviers al budino di riso alla toscana, che invece a me piace da impazzire! Perché lì... "fa pensare alla pastina...".
Il budino di riso, o risottino come dicono altrove, l'ho conosciuto per la prima volta a Firenze nel lontano 1997, da Pascovsky, in piazza della Repubblica. Tornavo da una lunga passeggiata, con sosta shopping e sosta libreria, al famoso Marzocco, che, mi dicono, adesso non c'è più: che bello che era. Uno dei primi viaggi per conto mio, mi sarei mangiata il mondo a morsi.  Poi mi è capitato di ritrovarlo in altre occasioni, l'ultima quest'estate all'Elba, però è molto raro che possa prepararlo io, proprio perché non avrebbe successo, se non con ospiti particolarmente affezionati alla Toscana.
Stavolta è capitato un caso fortunato, anzi due.
Circostanza uno; un po'di frolla di Pierre Hermé congelata la settimana scorsa, che aspettava proprio d'essere usata in qualcosa di piccino.
Circostanza due, il coniuge più orientato al consumo di altre cose, che aveva dichiarato di non aver voglia di dolce. 
"Allora" ho detto io "guarda che c'è il rischio che prepari qualcosa di cui sei nemico giurato". E così è stato. E a quel punto, come potete vedere dalla foto, invece di fare i classici budinetti ovali, ne ho fatto uno... usando lo stampo da crostata da 18 centimetri: budino a uso personale!

A voi invece le dosi giuste per otto budini. Sono buoni, buoni, buoni, vi riconosco quelli che compro in Italia, e poi sono anche relativamente leggeri.
  • Base: una pasta frolla. Potete utilizzare quella di Pierre Hermé che si adatta particolarmente perché è molto fine, e contiene delle mandorle che apportano quel qualcosa in più. Altrimenti, quella che preferite. A me sembra importante sceglierne una che si possa stendere con facilità in una sfoglia abbastanza sottile.  Per un'alternativa, guardate qui o qui, o anche qui
  • 100 g. di riso Originario.
  • 60 g. di zucchero;
  • Una bustina di zucchero vanigliato;
  • 2 uova, separate;
  • 700 ml. di latte;
  • Buccia di limone o di arancia;
  • 3-4 cucchiai di un liquore a scelta (io questa scelta la opero a seconda della... buccia: Grand Marnier per l'arancia, rhum o maraschino per il limone).
Va bene anche un riso per risotti particolarmente portato a disfarsi. Non usate il Ribe perché non sarebbe una bella esperienza, cremoso è cremoso, ma i chicchi restano troppo "citrigni", e la volta che ci ho provato per pigrizia, ho buttato via  tutto... Cuocete il riso nel latte aromatizzato con la vaniglia e il limone o arancia finché non assorbe il liquido diventando una crema densa. Lasciate intiepidire e aggiungete il liquore e i tuorli delle uova, sbattuti con lo zucchero. Aggiungete per ultimi gli albumi a neve e versate negli stampini o nello stampo "foderati"di frolla. Cuocete a 170 gradi per circa 40 minuti, coprendo con alluminio se la superficie si colora troppo presto. Si gonfieranno, per poi afflosciarsi appena sfornati, è normale. Appena tiepidi, spolverate con abbondante zucchero a velo.
E... ma sì, l'epilogo: il coniuge ha gradito. Non sapeva di cosa si trattasse e ha mangiato la prima fetta con gusto. Poi ha scoperto che c'era il riso ed è tornato in sé. 
Qui ci vorrebbe Freud. Oppure un miracolo.

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